Il quinto allargamento dell’UE, che nel 2004 ha portato il numero di Stati membri da 15 a 25 (e poi a 27 nel 2007), è stato deciso sulla base di considerazioni principalmente politiche, conseguenti al crollo del muro di Berlino. I negoziati di adesione hanno poi conferito alla decisione consistenza socioeconomica, in parte imponendo, ma soprattutto facilitando alcune fondamentali riforme istituzionali. Ben presto è però subentrata la cosiddetta fatica dell’allargamento, sentimento condiviso dalle élite politiche e da tanti cittadini europei che ha sospeso di fatto di ulteriori nuove adesioni. Con l’aggressione russa all’Ucraina, si è ora imposto un nuovo fattore politico che ha rimesso in moto il meccanismo di allargamento nei confronti della stessa Ucraina e della vicina Moldavia, ma che ha inevitabilmente riportato alla ribalta l’adesione dei Balcani occidentali. È evidente tuttavia che senza un adeguamento delle procedure operative e decisionali dell’Unione, qualsiasi allargamento sarebbe foriero di ingovernabilità. Ecco quindi che cominciano a circolare sempre più di frequente proposte di emendamento dei Trattati, volte soprattutto ad aumentare le decisioni a maggioranza proprio nella prospettiva dell’ingresso di nuovi membri. Ne ha parlato ad Euractiv la Ministra francese per gli affari europei Laurence Boone (leggi), ma anche il Ministro degli esteri italiano, Tajani (leggi il dispaccio dell’Agenzia Nova). Riemerge così dal dibattito la vecchia proposta di Jaques Delors di un’Europa a “cerchi concentrici”, di cui parlò anche Giuliano Pisapia in un contributo inviato a Repubblica a fine 2021 (disponibile qui).
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