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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 11/06

Innumerevoli sono gli articoli, i saggi, le ricerche che utilizzano il concetto di “soft power” per indicare la via storicamente seguita dall’Unione europea per creare una zona d’influenza al di fuori dei propri confini, in drastica alternativa all’approccio della “hard power” tante volte seguito dagli Stati Uniti (e da altri) per diffondere la democrazia ed altri valori (o presunti tali) con le baionette. Sovente questa narrazione omette di segnalare che ricorrere alla hard power non esclude l’uso, contemporaneo o differito, di tecniche meno bellicose e più persuasive. Esempio di ricorso combinato alla soft e alla hard power è quanto sta facendo la Russia che ha scatenato una guerra in Ucraina, ma allo stesso tempo sta dispiegando un’azione diplomatica ad ampio raggio per evitare l’isolamento e rafforzare i rapporti amichevoli con i propri partner storici. È il caso della Serbia, dove la maggioranza della popolazione (non smentita dalle autorità nazionali) sostiene la Russia e condanna l’occidente in nome di una fratellanza slavo-ortodossa ben propagandata da Mosca, come scrive un giovane ricercatore serbo in un articolo di geopolitca.infoleggi.

 

Circa un terzo del bilancio complessivo dell’Unione europea è destinato alla politica agricola comune (PAC), storico pilastro del sostegno al settore primario ed a lungo testimonianza concreta dell’utilità di un’azione coordinata a livello sovranazionale. Dall’inizio di quest’anno è in vigore la nuova PAC che copre il periodo 2023-2027 (i punti salienti sono illustrati sul sito della Commissioneleggi). Una delle più importanti novità rispetto ai periodi precedenti è l’importanza attribuita agli aspetti ambientali e di contrasto al cambiamento climatico. Come in altri settori economici, la base produttiva oppone una certa resistenza nei confronti di interventi che vengono percepiti come economicamente penalizzanti. Dal dibattito si coglie nondimeno una consapevolezza sempre più diffusa della necessità di azioni tangibili in grado di correggere errori del passato. In Italia il confronto sulla nuova PAC è molto incentrato sull’efficacia della cosiddetta “agricoltura rigenerativa”, come illustrato da due articoli pubblicate su riviste specializzate: Il nuovo agricoltore (leggi) e Terra e vita (leggi). Una presentazione dell’agricoltura rigenerativa è disponibile sul sito di Nomismaleggi

 

Ogni Stato membro è chiamato – secondo un calendario stabilito su base pluriennale – a ricoprire il ruolo di presidente di turno del Consiglio dell’UE per un periodo semestrale. I compiti spettanti alla Presidenza sono indicati sul sito del Consiglioleggi. Poiché tra tali compiti figura in primo piano il dovere di “portare avanti i lavori del Consiglio sulla normativa dell'Unione europea” è naturale che in seno alle Istituzioni ci sia preoccupazione dinanzi alla prospettiva che una prossima presidenza (seconda metà del 2024) spetti all’Ungheria, da anni ormai accusata esplicitamente di violare alcuni dei principi sui quali è fondata la normativa UE. Come riferito da molti organi di stampa, il Parlamento europeo ha recentemente votato una risoluzione (leggi) con cui “mette in discussione la possibilità che l'Ungheria sia in grado di adempiere in modo credibile [al proprio] compito nel 2024”. Quanto difficile ed improbabile sia evitare che Budapest eserciti la presidenza di turno è ben spiegato in un articolo de Linkiestaleggi. Molto interessante è tuttavia la presa di posizione ungherese, riportata dal portale in lingua inglese Hungary today, vicino al Governo: leggi.

 

L’11 e 12 luglio prossimi si terrà a Vilnius la riunione dei capi di Stato e di governo della NATO. Indipendentemente da quale sarà l’andamento della guerra e la situazione sul terreno, il vertice dovrà definire una linea comune su un’eventuale adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica. Per il momento dalle capitali giungono indicazioni unanimi circa la determinazione a sostenere Kiev e la sua integralità territoriale. Meno omogenee sono tuttavia le indicazioni relative alle soluzioni atte a garantire anche in prospettiva che il paese non sia esposto a nuove aggressioni. Due sono le principali ipotesi sul tavolo: l’adesione pura e semplice alla NATO, o l’adozione del cosiddetto “modello Israele”, vale a dire una garanzia di sostegno militare praticamente illimitato, senza tuttavia che esistano accordi formali sull’uso della forza armata, come quelli previsti dall’articolo 5 della Carta atlantica (il testo in italiano del Trattato NATO è disponibile qui). Alcune interessanti considerazioni in merito ai futuri rapporti tra Ucraina e NATO sono esposte in un articolo di Massimo Nava sul sito del CeSPI (leggi) e in un’analisi pubblicata dal New York Times (leggi). 

 

Quando Emmanuel Macron lanciò, oltre un anno fa, la proposta di creare una “Comunità politica europea” (si veda cose ne scrisse l’agenzia Agileggi), molti si interrogarono sulle possibili finalità di una tale “comunità” e finanche sull’opportunità di istituire un nuovo forum di dibattito politico de-istituzionalizzato. Non è che l’anno trascorso tra l’annuncio del Presidente francese e la seconda riunione dei Capi di Stato e di Governo dei paesi della Comunità (tenutasi a Chisinau il 1° giugno scorso – ne ha riferito il sito del Consiglioleggi) abbia fornito risposte a quegli interrogativi iniziali, ma bisogna riconoscere che in quella che sembrava una scatola vuota si stanno progressivamente materializzando alcuni contenuti. Uno di questi è proposto, ad esempio, da una non banale riflessione di Ľubica Karvašová, consigliera del primo ministro slovacco per gli affari europei, pubblicata sul sito di Euractiv.itleggi

 

Per qualche settimana la rielezione di Erdoğan alla presidenza della Turchia era sembrata realmente minacciata, ma i risultati del ballottaggio non sono stati una vera sorpresa: il radicamento del suo partito Giustizia e Sviluppo, soprattutto nelle zone rurali dell’Anatolia centrale, gli garantisce un eccezionale serbatoio di voti. Se però in questa tornata Erdoğan non è riuscito a vincere al primo turno (come era sempre successo in passato) è perché le difficoltà che il paese deve fronteggiare sono davvero molte (ne ha tracciato un quadro appena noti i risultati elettorali il sito dell’ISPIleggi). Una delle principali è senz’altro quella della situazione economica, per la quale Erdoğan ha una responsabilità diretta avendo imposto, anche alle proprie autorità monetarie, una politica eterodossa in materia di lotta all’inflazione, rivelatasi fallimentare. Finiti i tempi della propaganda, i nodi stanno venendo al pettine. Un nuovo governatore della banca centrale (il quinto in quattro anni) sta per essere nominato, ma intanto il valore della lira turca precipita, come riferisce l’agenzia Reutersleggi.