La popolazione della Repubblica ceca rappresenta poco più del 2% della popolazione dell’Unione europea, ma quel 2% ha recentemente lanciato alcuni segnali assai significativi per tutta l’Unione e non solo. Innanzi tutto, mentre negli ultimi anni nei nostri paesi la partecipazione alle elezioni risulta sempre più scarsa, cosicché chi viene eletto è di fatto scelto da una piccola minoranza dei cittadini, al ballottaggio per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica ceca si è recato alle urne ben il 70% degli aventi diritto. In secondo luogo, l’eletto, Petr Pavel, è un convinto europeista ed atlantista che ha impostato la propria campagna elettorale evitando ed anzi condannando i toni populisti e nazionalisti. Populismo e nazionalismo erano per contro alla base della propaganda di Andrej Babiš, il candidato sconfitto. La Repubblica ceca, va ricordato, è uno dei quattro membri del Gruppo di Visegrád, a lungo percepito come pietra d’inciampo di molte politiche dell’UE, ma ora molto depotenziato. Budapest e Varsavia sono divisi dalle posizioni assai distanti circa la guerra in Ucraina, mentre la Presidente slovacca Zuzana Čaputová si è recata personalmente a Praga per congratularsi con il neoeletto Pavel, del quale condivide i sentimenti pro-europei. Populismo e nazionalismo tentennano nelle loro roccaforti. Per saperne di più sul significato della vittoria di Petr Pavel, si suggerisce la lettura di un’analisi italiana, proposta da Eastjournal (leggi) e di una d’oltre Oceano, del Center for European Policy Analysis – CEPA (leggi).
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