Basta dilettantismo a Bruxelles!
Se è vero, come molti commenti indicano, che nel summit europeo dei giorni scorsi, non si capiva cosa stesse chiedendo esattamente l'Italia in materia di migrazioni, si capisce subito perché in 10 ore di summit siano stati dedicati a questo argomento solo 37 minuti e 5 interventi in tutto da parte degli altri capi di stato e di governo! E non dovrebbe essere sbandierato come un grande successo che nel testo delle conclusioni sia stata inserita una frasetta che sa di slogan copiato dalla retorica politica italiana di questo ultimo periodo, ovvero che “le migrazioni sono una sfida europea che richiede una risposta europea”, mentre l'altra frase inserita nelle conclusioni – ovvero la richiesta del Consiglio UE alla Commissione europea di dare “rapida implementazione” alle misure promesse - sa tanto di “scaricabarile” visto il percorso alquanto ondivago del nuovo “Patto sulle migrazioni e l'asilo” che comunque non può prescindere dal via libera del Consiglio, cioè degli stessi stati membri!
Ma tutto questo non sorprende, al contrario ha un amaro sapore di “déjà vu”. Quante volte (e non solo con questo governo) siamo andati a Bruxelles non per perorare la buona causa di una proposta ben dettagliata nei fini e nei mezzi, ma semplicemente per enunciare un problema, confidando che fossero gli altri a dirci come affrontarlo, a ottenere che fosse approvato e magari anche a farsi carico della sua attuazione!
In più di qualche caso, devo dire, buona parte di responsabilità va ascritta a funzionari governativi che mandano i politici allo sbaraglio perché dopo essersi accreditati come super esperti, non possono ammettere di essere spesso impreparati, se non altro per quanto riguarda prassi e liturgie delle istituzioni UE, che non si possono imparare su nessun libro, né con limitate esperienze a Bruxelles, magari da semplici stagisti. Ai politici però può essere imputata la scelta di circondarsi di fedelissimi, poco importa se preparati o meno, tanto che ad ogni cambio di governo i funzionari europei sanno già che toccherà a loro “formarli”, partendo più o meno da zero: un compito ingrato!
Tornando al summit europeo dei giorni scorsi, pensare di imporre l’ordine del giorno, forzare la mano agli altri stati membri, e magari addirittura ottenere una decisione è illusorio e dilettantistico. I dossier vanno preparati in anticipo e con un buon livello di dettaglio (anche in questo caso scontiamo l’abitudine italiana ad approvare norme che, per diventare applicabili, necessitano di decreti attuativi, salvo spesso rinviarli all'infinito o addirittura non adottarli mai, perché quel che conta è poter dire, anzi rivendicare, di aver risolto il problema, anche se solo sulla carta). Al contrario occorre un paziente lavoro di tessitura, dietro alle quinte, con i rappresentanti degli altri stati membri e questo ben prima di sedere al tavolo del summit. Il summit può essere l’occasione per trovare il compromesso finale, non certo per tentare di mettere gli altri stati di fronte al fatto compiuto. Il solo provare a farlo è già garanzia di fallimento e ci espone al rischio dell’isolamento!
Giorgio Perini
Foto: Rai