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Rassegna stampa di testate nazionali ed internazionali a cura di Paolo Gozzi - 20/10/24

Quando si parla di BRICS spesso l’attenzione è concentrata sul ruolo svolto dalla Cina (e dalla Russia) e sul tentativo di assicurarsi un’egemonia sul gruppo crescente di paesi aderenti.
Come ha fatto notare il prof. Franco Bruni nel corso della sua apprezzata conferenza del 9 ottobre scorso organizzata da Dialoghi europei (la registrazione è disponibile sul sito della nostra associazione: vedi), c’è un altro attore che va osservato con estrema attenzione, ed è l’India.
Il Primo Ministro Narendra Modi (nazionalista Hindu al potere dal 2014) sta attuando una politica molto decisa sullo scacchiere internazionale, mirando forse alla leadership del cosiddetto “sud globale”, ma di certo puntando al contenimento delle mire egemoniche della Cina. Ricco di esempi della proattività indiana è un articolo del New York Times: leggi.
Della spregiudicatezza di Nuova Dehli nel perseguire innanzi tutto i propri interessi nazionali ha scritto recentemente l’Istituto Analisi Relazioni Internazionali, prendendo lo spunto dalla posizione assunta da Modi in merito al conflitto russo-ucraino e segnalando come il principale problema dell’India sia il riavvicinamento del Pakistan e della Cina, suoi storici rivali, alla Russia di Putin (leggi).
Il gioco di strategie è evidenziato dal tentativo del Pakistan di avvicinarsi ai BRICS (come scrive Notizie Geopolitiche – leggi) e da quello della Cina di cercare un rilancio dei rapporti commerciali proprio con Dehli (come riferito da un’analisi pubblicata sul sito South Asian Voices del think-tank americano Stimson Center – leggi).

 
Sebbene Zelensky continui a scartare l’ipotesi di una cessione di territorio ucraino alla Russia in cambio della cessazione delle ostilità (e di una prospettiva euro-atlantica per l’Ucraina), le voci che suggeriscono una tale possibilità continuano a farsi più frequenti (solo pochi giorni fa ne ha scritto l’ADNKronosleggi).
È evidente tuttavia che quando si aprirà il tavolo per la pace sarà impossibile parlare solo di delimitazione del confine russo-ucraino, ma sarà l’intera frontiera occidentale della Federazione russa che dovrà essere oggetto di reciproche garanzie.
La Moldavia, posizionata tra l’Ucraina e la Romania (una cartina essenziale è su sito di Limes: vedi), pur non confinando direttamente con la Russia è nondimeno considerata dal Cremlino un paese chiave per la propria politica di sicurezza.
Dal giugno 2022 la Moldavia è ufficialmente candidata all’adesione all’UE (i dettagli sono sul sito del Consiglioleggi), ma il 40% della popolazione è filorusso e Mosca mantiene una costante pressione politica su Chisinau – un ampio resoconto della situazione è proposto dal Carnegie Endowment for International Peaceleggi.
Il 20 ottobre si terranno in Moldavia le elezioni presidenziali ed un referendum sull’iscrizione nella Costituzione di un riferimento all’adesione all’Unione europea.
La Presidente uscente Maia Sandu è una tenace europeista, fermamente sostenuta da Ursula von der Leyen (della promessa di fondi UE a Chisinau ha scritto Euronewsleggi), ma deve confrontarsi con un’incessante contro-propaganda russa, come sottolinea un articolo del Caffè Geopoliticoleggi.
 
Il panorama di attività ed iniziative che si susseguono in questo periodo dedicate al tema delle prospettive di adesione dei Balcani occidentali evidenzia una reale crescita dell’attenzione per questo progetto.
Il vertice del Processo di Berlino del 14 ottobre ha rappresentato l’apice di tali eventi, anche se ancora una volta si è percepita la difficoltà di tradurre in pratica le dichiarazioni di principio (informazioni ufficiali sul vertice si trovano sul sito dedicato – leggi – mentre un primo resoconto è stato pubblicato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung – leggi).
Eventi sono organizzati anche da altre associazioni o centri studi.
Il 5 dicembre ad esempio, per iniziativa di Friends of Europe, si discuterà di un “rinnovato approccio alla regione”, con un presupposto interessante: “Il legame tra la Georgia, la Moldavia e l’Ucraina post-sovietiche e i Balcani occidentali rappresenta due facce della stessa medaglia quando si tratta dell'allargamento dell’UE. Entrambe le regioni sono fondamentali nel plasmare il futuro assetto dell’Unione Europea” (leggi).
A livello istituzionale, si può segnalare il recente incontro interministeriale di Skopje della Commissaria (uscente) Iliana Ivanova inteso a rafforzare “la cooperazione in materia di innovazione, ricerca, istruzione, cultura, gioventù e sport” (il comunicato stampa è sul sito della Commissione: leggi).
Ha fatto assai utilmente il punto sulla situazione nel suo insieme e sull’(in)efficacia delle politiche di accompagnamento dei paesi candidati un ampio documento del CESPI, che si sofferma anche sul ruolo (svolto e potenziale) dello stesso Processo di Berlino. Nelle conclusioni si legge tra l’altro che: “L’analisi di oltre 60 iniziative regionali ha dimostrato che la proliferazione dei quadri di cooperazione è piuttosto un segno della loro mancanza di incisività. Inoltre, la loro moltiplicazione porta a sovrapposizioni che sovraccaricano le amministrazioni pubbliche dei Balcani occidentali con attività che non producono risultati sostanziali” (testo scaricabile dal sito del CESPIleggi).
 
Il primo trasferimento di migranti italiani verso i nuovi centri d’accoglienza in Albania ha suscitato interesse e curiosità da parte dei mezzi d’informazione e della rete (ne hanno scritto anche l’Associated Press – leggi – la China Global Television Network – leggi – e, in un dettagliato servizio, la CNN: leggi).
L’interesse ovviamente è dovuto anche al fatto che l’iniziativa ha ricevuto il plauso della Presidente della Commissione, che ha suggerito di “trarre lezioni pratiche” dal protocollo italo-albanese (ne ha riferito il sito Tgcom24leggi) nonostante le incertezze giuridiche che ancora contraddistinguono questa operazione (analizza in dettaglio le conseguenze di una recente sentenza della Corte di Giustizia un articolo di Diritto.itleggi).
Per il Primo ministro albanese Edi Rama l’accordo con l’Italia è ormai un argomento che non necessita di ulteriori commenti e non costituisce “una contropartita per gli sforzi dell’Italia di spingere il Paese sulla strada dell'adesione all'Ue” (come ha scritto Euronewsleggi).
Sta di fatto che proprio il 15 ottobre si è tenuta la seconda riunione della Conferenza di adesione UE-Albania alla presenza dello stesso Rama (il comunicato stampa è sul sito del Consiglioleggi). Ha commentato Euractiv: “la conferenza consentirà a Bruxelles di esaminare i cosiddetti “fondamentali” dell’adesione, tra cui il modo in cui il Paese si allinea ai diritti umani, allo stato di diritto e al funzionamento delle istituzioni democratiche” (leggi).
 
Se con l’Albania si è entrati nel vivo dei negoziati, non così con la Macedonia del Nord, ancora ostaggio del veto di Sofia che esige da Skopje modifiche costituzionali a tutela della minoranza bulgara. Una cronistoria degli eventi che hanno portato all’attuale stallo è stata pubblicata – elemento da sottolineare – da un sito (Kosovo Online) gestito dalla minoranza serba in Kosovo (leggi), ad indicare l’interesse regionale per l’evolversi del contenzioso (l’articolo coglie comunque l’occasione per criticare la politica del premier kosovaro Albin Kurti). La posizione bulgara nel frattempo rimane intransigente, anche perché sono prossime le ennesime elezioni parlamentari (previste per il 27 ottobre e annunciate già ad agosto dal Postleggi). Analogamente, anche il Governo macedone tiene il punto, come risulta dalle parole del vice-Primo ministro Aleksandar Nikoloski (citato dal quotidiano Sloboden Pečatleggi). L’imminenza del voto in Bulgaria è considerato un ostacolo al raggiungimento di un compromesso anche dalla Ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock, secondo la quale “Attualmente ci sono le elezioni in Bulgaria e (…) dobbiamo cogliere l’opportunità che si presenterà dopo di esse”, come riferito da Euractivleggi.