Il 25 settembre scorso l’Aspen Institute Italia ha organizzato una tavola rotonda internazionale dedicata a “Una nuova Europa e le sfide dell’allargamento”. Il breve testo di presentazione dell’evento (leggi) ha il pregio di illustrare con chiarezza il dilemma che informa tali sfide: “A confronto ci sono due metodi diversi: da una parte chi sostiene l’approccio geopolitico, un “all in” senza se e senza ma; dall’altra chi privilegia un proseguimento del processo di integrazione basato sul “merito”, ovvero la certificazione che i Paesi richiedenti riescano a soddisfare i requisiti necessari per l’adesione”.
Al solito “il diavolo sta nei dettagli” e una tale affermazione di principio viene presto a scontrarsi con una realtà assai complicata. L’esempio più evidente è quello della Serbia e del Kosovo: nel caso di un’adesione simultanea, l’UE “importerebbe” un conflitto dagli esiti imprevedibili; se invece le adesioni fossero separate, il primo ad entrare potrebbe ostacolare in tutti i modi l’accesso dell’altro.
Per intanto i motivi (e i pretesti) di scontro tra Belgrado e Pristina sono una costante, con l’inevitabile, reciproco scambio di accuse. In rete, tali accuse assumono carattere assai deciso, da una parte e dall’altra: si veda per esempio quanto scrivono un certo “Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia” (leggi) e l’agenzia Kosovapress (leggi).
Al netto di queste intemperanze nazionaliste, va segnalato che il Kosovo in particolare sta attuando da diversi mesi una strategia del “fatto compiuto”, non certo positiva per le prospettive di accordo con Belgrado (lo ha sottolineato un articolo dell’Indipendente: leggi).
Nell’attuale tesa situazione internazionale, quella tra Serbia e Kosovo appare ancora come una piccola diatriba regionale. Su di essa tuttavia incide la grande incertezza generata da due guerre in corso e dall’attesa per il voto americano, come scrive su Balkan Insight (leggi) l’ex diplomatico britannico Ian Bancroft, già operativo in Kosovo nel quadro della missione EULEX.
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