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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 29/09/24

L’esistenza stessa dell’Atlantic Council era poco nota al pubblico italiano prima che nella sua sede Elon Musk premiasse Giorgia Meloni con il Global Citizen Award 2024, durante un evento assai mediatizzato (ne ha riferito anche l’ANSAleggi). In verità, l’Atlantic Council è un importante think-tank con base a Washington, che si definisce “un’organizzazione non partitica che stimola la leadership e l’impegno degli Stati Uniti nel mondo, unitamente ai loro alleati” (così sul sito ufficiale: leggi). È quindi spesso utile leggerne analisi e commenti, che in genere non si limitano a descrivere situazioni e retroscena, ma propongono anche indicazioni strategiche. È il caso di un recente articolo, dedicato al “ruolo geopolitico della Turchia nel Mar Nero e alla sicurezza energetica dell’Europa” (leggi), parte di una più ampia ricerca sui rapporti tra Ankara e i paesi occidentali. L’articolo testimonia tanto dell’importanza che oltreoceano si attribuisce all’alleato turco, quanto dei margini di autonomia che il Presidente Erdoğan si è garantito nel quadro di un rapporto bilaterale non sempre idilliaco (delle fluttuanti relazioni turco-americane parla un saggio di un paio di anni fa pubblicato dal Carnegie Endowment for International Peace(leggi). Va poi ricordato che la Turchia è un attore di primo piano non solo come piattaforma logistica per il transito e il reindirizzamento del gas verso l’Europa, ma anche come potenziale produttore di idrocarburi, dopo la scoperta di enormi giacimenti nel Mediterraneo orientale (le dispute internazionali che ne sono derivate sono state illustrate da Geopolitica.infoleggi).

 

Già la settimana scorsa, e non per la prima volta, questa rassegna stampa di Dialoghi europei aveva proposto alcune letture legate al tema della Brexit, con particolare riferimento all’intenzione del Primo ministro laburista Keir Starmer di puntare ad una ricalibrazione (reset) degli accordi conclusi tra Regno unito e UE. Proponiamo ora nuove segnalazioni sul tema in quanto le conseguenze dell’uscita dall’Unione continuano ad essere materia trattata quasi quotidianamente dalla stampa britannica. A pochi giorni di distanza, per esempio, la BBC ha segnalato da un lato come gli ambienti economici stiano evidenziando il costante aggravarsi delle conseguenze della Brexit, in particolare per le piccole e medie imprese (leggi), e dall’altro come anche l’applicazione di semplificazioni per gli scambi tra l’Irlanda del Nord (rimasta nel mercato unico) e il resto del Regno risulti problematica (leggi). Tale situazione stride clamorosamente con almeno uno dei cinque punti fondamentali messi in avanti dai pro-Brexit in vista del referendum del 2016, vale a dire l’opportunità di “sottrarsi alla burocrazia europea”, come riportato in un articolo dell’epoca del Sole24Oreleggi. D’altronde, non sembra che risultati significativi sino stati conseguiti nemmeno per altri punti e soprattutto il primo (“controllare l’immigrazione”) visto che Starmer si è addirittura rivolto a Meloni per “copiare qualcosa”, come ha titolato il Postleggi

 

Sul sito della Presidenza del Consiglio italiana è disponibile un documento di oltre cento pagine contenente “cenni storici e norme per l’esposizione” della bandiera italiana e di quella dell’Unione europea. Il testo fa anche cenno all’esposizione della bandiera di altri paesi in occasione di visite di dignitari stranieri (leggi). È verosimile che analoghe disposizioni esistano anche altrove, visto che la loro applicazione (o mancata applicazione) può generare vere e proprie crisi diplomatiche. È quanto accaduto tra Bulgaria e Macedonia del Nord, dopo che la Presidente macedone Gordana Siljanovska-Davkova, in visita privata a Sofia, è stata ricevuta dall’omologo bulgaro Rumen Radev senza che nel luogo dell’incontro fosse stata esposta la bandiera di Skopje. (Ne ha scritto Euractivleggi). La polemica non sembra ancora destinata ad esaurirsi e sempre Euractiv riferisce di richieste di dimissioni ed attacchi personali tra esponenti dei due Governi (leggi). La neo Commissaria slovena Kos, alla quale è stata affidata la responsabilità dell’allargamento (“zarina” l’ha definita Politico.euleggi), avrà modo di dimostrare ben presto le sue qualità di mediatrice, visto che la Macedonia del Nord è un paese candidato all’adesione e la Bulgaria uno Stato membro, di fatto con potere di veto sull’adesione stessa. Da segnalare, in questo contesto, l’importante decisione assunta da Ursula von der Leyen di separare il portafoglio dell’allargamento ai paesi dei Balcani occidentali e dell’Est Europa, da quello del vicinato mediterraneo con i partner in Medio Oriente e Nord Africa (ne ha scritto Euronewsleggi).

 

Quasi senza che ce ne rendessimo conto, il lungo periodo di pace vissuto dall’Europa occidentale, paradossalmente favorito anche alla guerra fredda, sembra si stia esaurendo, con la presenza ormai prolungata di vicinissimi conflitti. Oltre a puntare sull’aumento delle spese militari (in Lituania si parla del 4% del PIL, come riportato da Euractiv - leggi - ed anche la neutrale Svizzera ha stanziato miliardi supplementari per la difesa, secondo quanto indicato da Ticinonline - leggi), si sta già facendo largo uso di forme di coercizione non militari. Il fenomeno è interessante e sta ormai suscitando analisi e studi dettagliati. Ne è un esempio illuminante un articolo pubblicato dall’Istituto Affari Internazionali (leggi) che si concentra sulla coercizione economica e la sua influenza sulle relazioni internazionali. L’articolo cita anche la recente normativa varata in materia dall’Unione europea con l’introduzione di uno “strumento anti coercizione” (leggi su Europa.eu). Dei “presupposti di legittimità” della diplomazia coercitiva si era già occupata l’Associazione “Etica ed Economia” (leggi) nel 2022.

 

Dopo la sconfitta elettorale subita dal suo partito alle elezioni europee (ne ha riferito Euronewsleggi), Emmanuel Macron ha sorpreso non pochi osservatori prendendo decisioni forti e almeno in parte inattese. Anche i risultati sono stati inattesi. Il Presidente ha chiamato i francesi alle urne confidando almeno in una “non vittoria” della destra estrema, e il risultato è stato una vittoria delle sinistre (un breve commento è sul sito Riforma delle chiese protestanti italiane, leggi). Ha nominato un Primo ministro di destra (un breve profilo di Michel Barnier è proposto da Wiredleggi) e il Governo da questi composto guardare ancor più in tale direzione. Forse è una partita a scacchi, o forse a poker. Nel frattempo, mentre tutti i riflettori sono rivolti sui palazzi del potere parigini, un pezzetto di Francia è in preda alla violenza. Dopo la rivolta indipendentista della primavera scorsa in Nuova Caledonia (una ricostruzione è sul sito Pagine Esterileggi), adesso è il turno del dipartimento d’oltremare della Martinica, nelle Indie occidentali. In questo caso le proteste non sono tanto legate alla richiesta di maggiore autonomia, ma sono esplose per denunciare l’insostenibile costo della vita e la crisi socio-economica ormai endemica (come riportato dal sito Entrevueleggi). Una delle prime sfide che attendono il nuovo Governo francese sarà anche quella di riportare la pace (e migliori condizioni di vita) nell’isola antillana, evitando che le scintille della rivolta accendano focolai anche nella Francia metropolitana.