A inizio 2022, mentre la Russia preparava l’attacco all’Ucraina, le valutazioni in merito alle effettive intenzioni di Mosca erano assai diverse nelle cancellerie occidentali. Ancora il 14 febbraio l’ISPI ricordava che era “almeno la terza volta in un mese che gli Stati Uniti [mettevano] pubblicamente in guardia il mondo da una possibile invasione russa” (leggi). Poco prima, invece, l’allora Presidente del Consiglio Mario Draghi aveva parlato al telefono con Vladimir Putin concordando “un impegno comune per una soluzione sostenibile e durevole della crisi”, come riferito dall’ANSA (leggi). Sebbene mai gli eventi storici si ripetano meccanicamente, i dubbi e le perplessità che circolavano all’epoca riaffiorano ora nei paesi baltici. Tutti e tre ex Repubbliche sovietiche, tutti e tre con la presenza di significative minoranze russofone mal integrate (due anni fa Eastjournal parlò di “russofobia”: leggi), Estonia, Lettonia (entrambe con circa un quarto della popolazione di etnia russa) e Lituania (dove i russi sono il 5%) temono fortemente un attacco di Mosca. Secondo il sito della televisione pubblica estone in lingua inglese ERR News, il modo in cui Putin sta parlando delle tre piccole repubbliche ricalca la retorica usata prima dell’invasione dell’Ucraina: leggi. Preoccupazione ha espresso anche il Ministro degli esteri lituano Landsbergis (come riportato da Euractiv.it: leggi), dalle cui parole emerge tutta la differenza di percezione della minaccia russa tra i baltici e gran parte del resto d’Europa.
|