Uno degli esiti della prima guerra mondiale fu la fine dell’età degli imperi moderni. Rimase in piedi l’impero britannico, ma con un destino segnato anche se di fatto si estinse solo nel 1997 con la cessione di Hong Kong alla Cina (lo ricorda brevemente il sito dell’ Imperial War Museum: leggi). Nel frattempo non si smise di parlare di imperialismo e antimperialismo, termini onnipresenti nel dibattito politico negli anni della guerra fredda, seppure con accezioni nuove. Come scrive il sito Studocu: “ a partire dagli anni sessanta del XX secolo il termine imperialismo divenne sinonimo di un più generico espansionismo egemonico per qualificare la politica aggressiva, sia sul piano economico che militare, delle grandi potenze” ( leggi tutto). In questo scorcio del XXI secolo nuove forme di imperialismo hanno preso piede, forse (e non per caso) a seguito delle politiche di disimpegno americano (ne ha parlato, con toni duri nei confronti di Barak Obama, un editoriale del Foglio del 2017: leggi). Mentre la Russia “ è diventata – o è tornata a essere – una potenza aggressiva, tradizionalista, nazional-imperiale” (come ha scritto Internazionale: leggi), la Cina considera che “ poiché l’imperialismo cinese garantì all’Asia una relativa pace per diversi secoli […], i leader cinesi oggi non vedono nulla di sbagliato nel loro tentativo di essere ancora una volta i supervisori della regione” (così ha scritto nel 2018 Robert Kaplan sulla Stampa: leggi). Ma una pulsione imperiale (o neo-imperiale) è presente anche in Turchia, con Erdoğan che vorrebbe interpretare il ruolo di sultano. Tuttavia, con il proliferare dei sogni imperiali, c’è chi vede sorgere il pericolo di “ imperialismi in conflitto” (papa Francesco, secondo Vatican News: leggi). Un articolo appena pubblicato sul sito dello IARIpropone un’acuta analisi di come potranno svilupparsi i rapporti tra Pechino ed Ankara tra “ possibile convivenza o interessi regionali pronti a scontrarsi” ( leggi).
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