L’enorme impegno militare in Ucraina e i suoi costi di vite umane (“24.000 soldati uccisi o gravemente feriti al mese […], ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz”, secondo l’AgenPress: leggi), e le sanzioni che in alcuni casi diventano assai dolorose (“Gazprom in profondo rosso”, ha titolato il Sole24Ore: leggi) non sembrano incidere sulla vera e propria offensiva diplomatica portata avanti dalla Russia in molte parti del globo e soprattutto in Africa. L’ambasciatore Stefanini, ex consigliere del Presidente Napolitano, in un’intervista all’Agenzia Nova (leggi) sottolinea l’intento di Mosca “di «mettere un piede nel Mar Rosso» e di allargare la propria presenza lungo l’intera fascia saheliana dell’Africa”: in effetti, grazie ad un accordo venticinquennale “per la costruzione di uno snodo logistico a Port Sudan” che sta per essere finalizzato con il Sudan, i russi disporrebbero di una base stabile proprio a metà del Mar Rosso. Ma, come sottolinea l’ambasciatore, la proiezione sarebbe anche lungo l’intero asse est-ovest, fino alle coste dell’Atlantico. Scritto in uno stile da dispaccio militare, un interessantissimo articolo appena pubblicato dall’Institute for the Study of War, corredato da numerose cartine, illustra la situazione complessiva (leggi), annotando in particolare come al controllo russo manchi ancora il tassello del Ciad. “Putin ha offerto assistenza per […] «stabilizzare» il Ciad e ha promesso un maggiore sostegno politico per il Ciad presso le Nazioni Unite”; tuttavia “il Ciad ha anche fatto sforzi per bilanciare i rapporti con l'Occidente”.
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