La vittoria del “Nouveau Front Populaire” alle elezioni legislative francesi, inattesa nei numeri, è meno sorprendente se osservata in prospettiva storica. Già nel 2002 il gollista Jacques Chirac venne eletto al secondo turno Presidente della Repubblica (con oltre l’80% dei suffragi) grazie al fatto che quasi tutte le forze democratiche diedero indicazione ai propri sostenitori di votarlo pur di impedire la vittoria di Jean-Marie Le Pen: il sito del Terzo settore Vita, scrisse allora che “i candidati della «gauche plurielle»” […] si sono appellati ai valori della Repubblica e hanno dichiarato che voteranno per il presidente uscente per sconfiggere l’estrema destra «fascista»” (leggi). 15 anni dopo, concluse le presidenziali del 2017, l’agenzia AGI scrisse che “secondo un […] sondaggio IPSOS, il 43% degli elettori di Macron [ha dichiarato] di aver votato solo per fermare [Marine] Le Pen”: leggi. Resta il fatto che in questo 2024 la situazione appare molto più fragile, dato che – al momento – manca sia una maggioranza “presidenziale”, sia l’alternativa di una schietta coabitazione. Quest’ultima costituirebbe in realtà un fenomeno non inusuale nella recente storia francese, sebbene non privo di rischi. Nel 2002 il sito Diritto Consenso (leggi), ha segnalato come, in caso di coabitazione, “ci sarebbero grosse difficoltà nella conduzione della politica nazionale: Presidente della Repubblica e Primo Ministro si troverebbero in costante competizione, quasi in attrito, il che determinerebbe una generale minore coesione nazionale”. In questo contesto, non sono poche le preoccupazioni tedesche, vista l’importanza che Berlino attribuisce alla cooperazione con Parigi, anche e soprattutto in prospettiva europea. Secondo Euractiv, un indebolimento dell’asse franco-tedesco aprirebbe nuovi spazi per una presenza più dinamica e determinante della Polonia (leggi).
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