Moltissime volte gli storici ci hanno ricordato come, mentre a Sarajevo Gavrilo Princip preparava il suo attentato, in una Vienna all’acme dello splendore artistico e culturale, non sole le élite ma anche il popolo accorreva a feste e balli (una rievocazione è in un piacevole articolo della BBC: leggi). Forse in futuro qualcuno scriverà che, mentre la catastrofe climatica stava per mutare il pianeta, milioni di giovani stipavano gli stadi per acclamare Taylor Swift e altri moderni divi (ricco di cifre in proposito è un articolo di Forbes: leggi). Per ventotto volte l’ONU ha organizzato conferenze (COP o “Conference of Parties” – leggi sul sito delle Nazioni Unite) che ogni volta dovrebbero portare ad accordi clamorosi e alla fine delle quali si esprime soddisfazione se nel comunicato finale si riesce a nascondere la pochezza dei risultati raggiunti a fronte di una situazione climatica sempre più compromessa. Così, le conclusioni della recente COP 28 sono state accolte positivamente perché contengono un (semplice) riferimento esplicito ai combustibili fossili, come ha raccontato il Post: leggi. Intanto già ci si chiede se la COP 29, prevista a fine 2024, potrà segnare qualche reale progresso, visto che sarà nuovamente organizzata in un paese, l’Azerbaijan, che trae la quasi totalità delle proprie entrate dalla vendita di idrocarburi. Sulla personalità di Mukhtar Babayev, designato da Bakù per presiedere la COP 29, hanno già puntato i riflettori il Guardian (leggi) e Linkiesta (leggi).
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