Riferendosi ad un mondo sempre più conflittuale, Papa Francesco ha più volte parlato di “guerra mondiale a pezzi”. Viene da chiedersi se anche i singoli “pezzi” non siano a loro volta frammentati in conflitti di natura e tipo diversi. La guerra in Medioriente è, da questo punto di vista, emblematica: allo scontro israelo-palestinese si è affiancato quello tra Israele e hezbollah al confine con il Libano, come pure il confronto tra gli Houthi yemeniti e una coalizione di “volonterosi” guidata da Stati Uniti e Regno Unito. Meno evidente ma ben presente nella regione è anche il lungo contenzioso sullo sfruttamento degli enormi giacimenti di gas naturale del Mediterraneo orientale. Libano, Cipro e Turchia ambiscono ad assicurarsi diritti di sfruttamento, ed Israele già da anni concede licenze alle grandi compagnie mondiali del settore. Nel novembre scorso, in piena guerra con Hamas, sono state BP ed ENI ad ottenere il permesso di esplorare alcuni fondali, come riferito dal Times of Israel: leggi. Una breve analisi pubblicata da StartMag ha illustrato alcuni aspetti chiave di questo conflitto energetico, che ha importanti risvolti in particolare per il Libano: leggi. In questo scenario non poteva mancare la presenza del Presidente turco Erdoğan, deciso a “recuperare una concreta influenza politica sui territori già facenti parte dell’impero ottomano, a partire dal Mediterraneo” come scrive un articolo di Formiche.net: leggi.
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