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Come ricordato nella locandina allegata a questa rassegna stampa, relatori della conferenza di mercoledì 13 novembre organizzata da Dialoghi europei e intitolata “L’Iran e la crisi del Medio Oriente” saranno l’analista di politica internazionale Roberto Iannuzzi e il professore dell’Università di Trieste Federico Donelli.
Roberto Iannuzzi ha recentemente pubblicato presso Fazi il libro “Il 7 ottobre tra verità e propaganda”: un’introduzione a firma dell’autore è disponibile sul sito dell’editore – leggi.
Tra le ultime pubblicazioni di Federico Donelli ricordiamo un articolo sulle mire strategiche ed economiche della Turchia nel Corno d’Africa, disponibile sul sito The Conversation – leggi.
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Ormai da molti anni l’autunno è la stagione in cui la Commissione presenta la propria relazione sullo stato di avanzamento del processo di adesione. Così è avvenuto anche lo scorso 30 ottobre: il relativo comunicato stampa, con in calce i collegamenti all’intera documentazione (compresi i rapporti su ciascun paese), è disponibile sul sito Europa (leggi). Quest’anno l’evento non sembra aver suscitato particolare interesse presso i principali organi d’informazione: comprensibilmente se si considera la situazione geopolitica generale, la macchinosità del processo (di “tortuoso percorso” ha scritto l’ADNKronos – leggi) ma anche il fatto che “non ci sono stati allargamenti per oltre un decennio, […]il periodo più lungo senza allargamenti dal primo del 1973”, come ha ricordato l’eurodeputata dei Socialisti e Democratici Nacho Sánchez Amor sul sito del Gruppo S&D (leggi). Eppure, per alcuni analisti attenti a quanto avviene nell’area balcanica (quelli dell’Osservatorio Balcani-Caucaso – OBC in particolare) si tratta di “un Pacchetto Allargamento che arriva nel momento più caldo per la politica dell’Unione europea nelle regioni coinvolte dal processo di potenziale accesso di nuovi Paesi membri” (leggi). Lo stesso OBC nota anche che a presentare la relazione 2024 è stato, assieme all’Alto Rappresentante Josep Borrell, “il più controverso commissario europeo all’Allargamento, l'ungherese Olivér Várhelyi”. Quest’ultimo, molto vicino a Viktor Orbán, è stato più volte criticato nel corso del suo mandato per essersi scostato dalla linea della Commissione (come ricorda anche Euractiv: leggi). L’Ungheria lo ha non di meno riproposto per il medesimo ruolo anche nella prossima Commissione, ma la Presidente von der Leyen ha deciso di affidargli il portafoglio della salute e del benessere degli animali, giudicato assai meno prestigioso, come afferma un altro articolo di Euractiv (leggi).
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A poche settimane di distanza, tra giugno e luglio 2023, Giorgia Meloni si era recata per ben due volte a Tunisi, dapprima in visita ufficiale (sul sito del Governo le sue dichiarazioni rilasciate nell’occasione: leggi), quindi assieme ad Ursula von der Leyen e Mark Rutte (all’epoca Primo ministro olandese) per la firma di un Memorandum d’intesa UE-Tunisia (testo disponibile sul medesimo sito: leggi; una breve analisi sul sito dell’Istituto Affari Internazionali: leggi). I buoni rapporti tra Meloni e il Presidente tunisino Saïed sono stati riconfermati anche nel 2024, in particolare con una nuova visita a Tunisi (ne ha scritto Nigirzia: leggi) e con la telefonata di pochi giorni orsono durante la quale la premier italiana si è felicitata per la rielezione dello stesso Saïed (notizia riportata dal sito tunisino Business News: leggi). In verità, il Presidente tunisino ha beneficiato di un reale plebiscito, ottenendo il 90% dei suffragi, ma con una partecipazione ben inferiore al 30% e con un processo elettorale di cui la Federazione Internazionale per i Diritti Umani (Fidh) ha denunciato la natura “antidemocratica” (come riferito dalla rivista Africa: leggi). Resta il fatto che il paese vive una fase assai contraddittoria: un’analisi del sito Arab Weekly segnala che Saïed gode effettivamente del sostegno popolare, ma le sue scelte politiche stanno diventando problematiche per i rapporti con l’UE (leggi). Alcune amare ma lucide riflessioni dell’intellettuale franco-tunisino Hatem Nafti sono state pubblicate sul sito della rivista Reset: leggi.
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Nell’ambito delle iniziative assunte durante il proprio turno di presidenza semestrale del Consiglio dell’UE, il Governo ungherese ha programmato per il 18 e 19 novembre una riunione informale dei Ministri responsabili per la demografia (leggi l’annuncio sul sito della Presidenza). La decisione di Budapest non sorprende, dato che la capitale ungherese ospita da tempo un “Budapest Demographic Summit”, giunto nel 2023 alla quinta edizione (ne ha riferito Euronews titolando sul “sostegno ai valori della famiglia tradizionale”: leggi). Come si sa, al di là degli aspetti propagandistici, è fuor di dubbio che nell’Unione europea esista un problema demografico (prendendo lo spunto dal citato summit del 2023, ne ha scritto Politico con dati e grafici: leggi). Anche i paesi dei Balcani occidentali devono affrontare analogo problema, aggravato dall’esodo volontario di numerosi giovani che cercano fortuna altrove (un’ampia analisi è proposta dal Centre Grande Europe del Jaques Delors Institute: leggi). La crisi demografica, unita alla presenza di mercati del lavoro disfunzionali, rappresenta per tali paesi una sfida economica e sociale da affrontare per progredire sul cammino dell’integrazione europea (lo suggerisce, in un documento organico sulle dinamiche del percorso di adesione, l’Istituto Bruegel, in particolare al capo 3.3: leggi). Va ancora segnalato che, in una realtà di frammentazione etnica come quella della regione balcanica, un altro aspetto non può essere sottovalutato, nonostante trattarlo sia esercizio sensibile e delicato. Si tratta dei diversi andamenti demografici registrati presso i singoli gruppi etnici presenti sul medesimo territorio, possibile premessa di mutamento degli equilibri tra maggioranza e minoranze. Ne parla un articolo pubblicato sul sito russo Valdai (leggi): il lettore avvertito farà attenzione a separare il grano dal loglio.
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Molti giornali inglesi (ad esempio l’ Independent: leggi) hanno dato rilievo ad un’affermazione di Romano Prodi che, durante una conferenza tenuta presso lo University College London il 24 ottobre scorso (un sunto è disponibile sul sito dell’UCL: leggi), si è detto pronto a scommettere che il Regno Unito sarebbe rientrato nell’UE entro quindici anni. Sorprendentemente, è passata quasi inosservata un’altra frase pronunciata dell’ex Presidente della Commissione nella stessa occasione: “ L’Ucraina sarebbe dovuta restare uno stato cuscinetto tra Russia e Nato”. Ad onore del vero, Repubblica ha usato il virgolettato per titolare una sua corrispondenza da Londra (dell’articolo di Antonello Guerrera è disponibile in libera lettura solo la parte iniziale: leggi), ma il resto della stampa sembra essersi disinteressato della cosa. Fa eccezione un commento critico del Giornale d’Italia, che tuttavia non rende ragione della prospettiva storica del ragionamento di Prodi, che si riferisce ad un passato ormai irrimediabilmente concluso: leggi. Chi invece riprende l’ipotesi dell’Ucraina come stato cuscinetto fuori dall’UE e dalla NATO calandola nel presente è Viktor Orbán, come riferito dal Kyiv Independent ( leggi). Tale posizione riflette perfettamente quella della Russia, ben illustrata dalle interferenze di Mosca nei confronti dei paesi impegnati nel processo di adesione all’UE, come riporta un articolo di Euronews: leggi.
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