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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 08/09/24

Nel 2024 la Russia assicura la presidenza di turno dei BRICS e sta sfruttando l’occasione per ampliare e rafforzare il consenso e l’interesse nei confronti di questa associazione di Stati nata in modo quasi informale ma ormai trasformata in una sorta di organizzazione che si propone di rappresentare il cosiddetto “sud globale” e fare da contraltare al G7. (Le priorità della presidenza russa sono illustrate sul sito ufficialeleggi; una presentazione più politica è stata pubblicata sul sito dell’Ambasciata di Mosca in Italialeggi.) Inizialmente i BRICS comprendevano Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ma da quest’anno si sono aggiunti Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti. Molti altri paesi hanno manifestato interessa ad aderire, compresi Azerbaijan e Palestina (come riportato da EUNewsleggi). Tuttavia, la candidatura che ha fatto più scalpore è indubbiamente quella della Turchia, di cui riferisce esaurientemente Startmag (leggi). L’articolo, che cita anche l’agenzia Bloomberg, segnala come secondo Erdoğan “il centro di gravità geopolitico si sta spostando lontano dalle economie sviluppate”. Il prossimo appuntamento di primo piano dei BRICS sarà il vertice di Kazan, in programma dal 22 al 24 ottobre prossimo ed in merito al quale alcune interessanti osservazioni sono contenute in una riflessione proposta dall’agenzia AISEleggi –  (uno degli autori, Mario Lettieri, è stato sottosegretario all’economia nel Governo Prodi). Nel frattempo, molti eventi settoriali hanno luogo in varie città della Russia, e deve far riflettere l’impressionante produzione di documenti politico-programmatici, una cui parziale raccolta è disponibile sul citato sito ufficiale della presidenza russa 2024 (leggi). Come i BRICS stiano sviluppando una strategia autonoma nei più diversi settori politico-economici è dimostrato anche dall’accordo raggiunto a fine agosto in merito alla lotta al cambiamento climatico, di cui ha scritto l’Agenzia TASS (leggi), ma che non sembra ver trovato spazio nei media occidentali.

 

Da sempre chi è in guerra cerca il sostegno e la benedizione del clero, e molto spesso li trova. Nel gennaio 2019, su sollecitazione delle gerarchie ecclesiastiche ucraine dopo l’annessione russa della Crimea del 2014,  il Patriarca ecumenico Bartolomeo aveva firmato il cosiddetto tomos che concedeva alla chiesa ortodossa ucraina l’autocefalia, vale a dire l’indipendenza dalla chiesa ortodossa russa nella quale era fino ad allora integrata (aveva riassunto gli eventi un articolo di Internazionaleleggi). Il Patriarcato di Mosca non aveva ovviamente accolto di buon grado tale decisione, adducendo considerazioni di carattere storico e religioso: chi fosse attratto dalla materia, troverà interessante un testo del teologo russo Pavel Darovskij pubblicato, in italiano, sul sito Vision & Global Trends – leggi. Molti membri del clero ucraino tradizionalmente fedeli alla Chiesa madre non hanno accettato la scelta delle gerarchie, consentendo di fatto la sopravvivenza di una Chiesa ucraina “canonica” obbediente a Mosca. Per le autorità di Kiev questa situazione non poteva perpetuarsi e il 20 agosto il Parlamento ha adottato una legge per mettere al bando le organizzazioni religiose che hanno legami con la Chiesa ortodossa russa (ne ha scritto Wiredleggi). Anche questa scelta ha suscitato molti dubbi sia in Ucraina che all’estero (come riportato dalla CNNleggi) e persino il Papa ha apertamente espresso il suo dissenso (nel discorso ripreso da Vatican Newsleggi).

 

Complici probabilmente i quasi settant’anni di inclusione nell’Unione sovietica, fino a non moltissimo tempo fa l’Azerbaijan era un paese del quale tanti a malapena conoscevano l’esistenza. Ancora nei primi anni 2000 la sua situazione economica era considerata precaria, con grandi sacche di povertà tra la popolazione (molto utile risulta un’analisi del 2001 della Banca asiatica di sviluppoleggi, in particolare i punti 23-25). Oggi il paese è uno dei principali fornitori di gas naturale dell’Europa (l’enorme potenziale è evidenziato nella relazione dello scorso anno dell’Agenzia internazionale dell'energialeggi), con un’economia in netta ripresa (si  vedano i dati del World Factbook della CIA: leggi) e la consapevolezza di poter svolgere un ruolo geopolitico importante, mantenendo buoni rapporti sia con Putin che con l’Europa, come racconta un articolo de Linkiestaleggi. Tutto avviene comunque sotto il rigido controllo del Presidente Aliyev (“figlio d’arte” e in continuità con il passato sovietico, come spiegava nel 2021 il sito Lettera43leggi), che ha vinto anche le elezioni dello scorso 1° settembre (ne riferisce Euronewsleggi).

 

Pur nel pieno della crisi politica dovuta alle difficoltà di nominare un primo ministro dopo le recenti elezioni parlamentari, il 30 luglio il Presidente Macron ha preso una decisione che potrà incidere sulla stabilità del Maghreb e sulle relazioni bilaterali di Parigi con Rabat ed Algeri. In una lettera inviata al re del Marocco Mohammed VI, il Presidente francese ha affermato di ritenere che il “Sahara Occidentale [rientri] nel quadro della sovranità marocchina” (ne ha riferito Formiche.netleggi). L’Algeria ha immediatamente ritirato il proprio Ambasciatore a Parigi e deciso di bloccare la riammissione di propri cittadini che hanno ricevuto un ordine di espulsione dalla Francia (informa in proposito Foreign Affairsleggi). Da decenni il tema del Sahara occidentale è motivo di scontro tra Algeria e Marocco, come lo fu in passato tra quest’ultimo e l’ex potenza coloniale spagnola: una ricca nota informativa è disponibile sulla Britannica (leggi). Quanto Algeri stigmatizzi la scelta francese è ben illustrato dalla dichiarazione del Ministro degli esteri, secondo il quale “Non è un semplice richiamo dell’ambasciatore per consultazioni. È una riduzione della rappresentanza diplomatica. È un passo importante per esprimere la nostra condanna e disapprovazione” (come riportato da France24leggi).

 

Nel 2021, la ricorrenza del centesimo anniversario della traslazione dalla salma del “milite ignoto” dalla basilica di Aquileia all’Altare della Patria a Roma (preziose immagini d’epoca sono disponibili nell’archivio dell’Istituto Lucevedi), è stata ampiamente commemorata dalla stampa. Nell’occasione era emersa qualche inevitabile venatura retorica, in ogni caso stemperata dalla distanza temporale rispetto all’evento (un bell’articolo fu proposto da Avvenireleggi). Talmente breve è invece la distanza temporale rispetto alla guerra nella ex-Iugoslavia che sarebbe stato giustificato attendersi vibranti dichiarazioni in occasione della Giornata internazionale delle vittime di sparizioni forzate (30 agosto; ricordata sul sito dell’ONUleggi), che nei Balcani occidentali è celebrata come giornata dei dispersi. A parte alcune quasi scontate accuse del Kosovo alla Serbia (“la Serbia reitera il crimine”, secondo la presidente Osmani, come riferisce l’agenzia KosovaPressleggi), i toni sono rimasti contenuti. Ha riassunto la situazione, citando dati e commenti, un articolo di BalkanInsightleggi.