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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 08/01

Il lavoro svolto dalla Repubblica ceca quale presidente di turno del Consiglio dell’Unione nel secondo semestre del 2022 ha ricevuto un’esposizione mediatica molto inferiore rispetto a quello di altre presidenze del passato. Eppure i funzionari e diplomatici cechi hanno operato con grande impegno, contribuendo a raggiungere risultati non scontati: valga per tutti la mediazione che ha portato all’accordo su un tetto per il prezzo del gas. (Dei risultati della presidenza ceca ha scritto il sito Expats.cz: leggi.) Dal 1° gennaio spetta ora alla Svezia portare avanti il lavoro di stimolo e coordinamento demandato alle presidenze semestrali del Consiglio UE, e di certo le iniziative di Stoccolma saranno osservate con grande attenzione, stante la preoccupazione di molti ambienti diplomatici per il sostegno (seppur esterno) all’attuale governo da parte del partito Sverigedemokraterna - Democratici Svedesi, che si richiama nientemeno che al nazismo. L’inizio della Presidenza svedese e le sue priorità sono stati presentati in italiano in un dispaccio dell’agenzia ADNKronos (leggi). Il sito ufficiale della nuova presidenza è questo

 

Sono tre o quattro anni ormai che, navigando in rete, dobbiamo fornire esplicitamente il nostro consenso all’installazione di cookie traccianti: e l’operazione ci provoca spesso fastidio se non insofferenza. Eppure ci rendiamo conto benissimo dell’importanza di proteggere quanto più possibile la nostra riservatezza e i nostri dati personali. Il “regolamento generale sulla protezione dei dati” (Regolamento (UE) 2016/679), che ha introdotto l’obbligo del consenso informato relativamente ai cookie, definisce un “diritto fondamentale” la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali. Se questo è valido all’interno dell’Unione, ancora di più lo diventa sul piano internazionale, dove acquisisce valenza geopolitica. Prendendo lo spunto da una recente iniziativa della Commissione in merito a una decisione di adeguatezza per il trasferimento dei dati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, il sito Geopolitica.info illustra la complessa evoluzione della normativa in materia e le soluzioni che si prospettano: (leggi).

 

Anche se affermano il loro europeismo, i politici di ogni parte e di ogni paese difficilmente resistono alla tentazione di scaricare sulle Istituzioni europee, e sulla Commissione in particolare, le scelte più difficili da far accettare ai cittadini-elettori. Questo fa sì che sfugga sovente al cittadino medio come il vero potere decisionale nell’Unione sia nelle mani degli Stati membri. La realtà si manifesta però inesorabilmente quando alcune decisioni vengono contestate e sottoposte ad un veto di fatto da parte di uno o più paesi. L’opposizione all’entrata nello spazio Schengen di Bulgaria e Romania da parte di Austria e Paesi Bassi è a questo proposito esemplare. Nonostante già una decina di anni orsono la Commissione avesse formulato un parere favorevole basato su verifiche e controlli, il veto puramente politico di Vienna e dell’Aia ha frustrato le legittime aspettative dei due paesi balcanici: ma evidentemente ha rassicurato gli elettori di Karl Nehammer e Mark Rutte. Illustra chiaramente la situazione un articolo di East Journalleggi.

 

Fin dai tempi della stesura della Dichiarazione di Fondazione dello Stato di Israele, la contrapposizione tra laici e religiosi è stata particolarmente dura, portando quasi alla rottura quando si discusse dell’inclusione o meno di un riferimento all’”Onnipotente”. Prevalsero i laici grazie al prestigio e all’autorevolezza di Ben Gurion, ma comunque si introdusse un rimando alla “Rocca di Israele”, che poteva soddisfare i religiosi in quanto espressione che nella Bibbia identifica Dio. Oggi, con l’insediamento del nuovo governo Netanyahu, il più a destra e più religioso della storia del paese, la contrapposizione è molto meno eterea e riguarda, al di là di provocazioni e gesti di sfida, l’imposizione ad un’intera cittadinanza di prassi comportamentali di stampo teocratico. Come la nuova composizione della Knesset possa influenzare l’operato dell’esecutivo è indicato in un interessante articolo ospitato sul sito dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale – ISPIleggi.

 

Quando la televisione trasmette le immagini di salvataggi in mare di migranti africani, c’è chi vorrebbe vedere gesti e sentire parole di dignitosa accoglienza, e chi invece vorrebbe che quei disgraziati fossero rispediti immediatamente nei paesi d’origine. Se si eccettuano gli “addetti ai lavori”, quasi nessuno si chiede da cosa fuggono (mettendo a rischio la vita) e che paese si sono lasciati alle spalle. L’Africa è un malato grave della geopolitica mondiale. L’indipendenza post-coloniale, anche se ormai pluridecennale, non si è mai trasformata in occasione di crescita e benessere per le popolazioni, anche perché gli appetiti neo-coloniali sono rimasti quel che erano o sono addirittura aumentati con la comparsa di nuovi attori, in primis la Cina. Scorrere la lista dei paesi africani equivale a sfogliare infiniti “cahiers de doléances”. Lo dimostra un sobrio articolo pubblicato sul sito di Articolo21, nel quale si descrive la drammatica realtà di un Continente: leggi.  

 

Tra scadenze già previste ed altre probabili, il 2023 si presenta come un anno ad alta intensità elettorale. Euractiv.it ha presentato, prima di Natale, un riepilogo molto interessante focalizzato su una dozzina di paesi europei. Stranamente non si fa riferimento alla Turchia (paese con lo status di candidato all’adesione all’UE sin dal 1999), i cui cittadini saranno chiamati alle urne al più tardi nel prossimo giugno per elezioni parlamentari e presidenziali. Forse per la prima volta nella sua già lunga carriera politica, il Presidente Erdoğan sembra in difficoltà. Il suo attivismo sulla scena politica internazionale ed in particolare le sue proposte di mediazione nel conflitto russo-ucraino (si veda in proposito un articolo della testata internazionale Italy24.press) gli hanno guadagnato il plauso da parte di molte cancellerie, ma sembra che la visibilità di cui gode all’estero non stia più procurandogli grande consenso in patria. In realtà la Turchia registra una situazione economica drammatica e anche tra i più fedeli sostenitori del Presidente cominciano a farsi strada dubbi sulla sua capacità di gestire il paese. Ma Erdoğan non si considera certo battuto, come ben spiega un articolo (tradotto dal tedesco) apparso sul sito di Sinistra in Europaleggi.