News

Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 05/05

Care amiche e cari amici, prendete nota fin d'ora del prossimo appuntamento con le conferenze di Dialoghi Europei, martedì 14 maggio, alle 17:30, al Circolo della Stampa, stavolta sul tema "ULTIME DAL CAOS: GUERRA CHIAMA GUERRA?", con relatori come i professori Guglielmo Cevolin e Federico Donelli e l'introduzione di Stefano Silvestri!
 

Da sempre, il governo di turno ha cercato di garantirsi una certa benevolenza da parte delle reti radio-televisive pubbliche. Non è da meno l’attuale esecutivo italiano, che anzi sembra dar prova di particolare zelo al riguardo, tanto da suscitare il preoccupato interesse anche di organi d’informazione stranieri (lo ha segnalato La Stampa in merito al caso Scurati: leggi). Ma, nonostante proprio in Italia il fenomeno si sia storicamente manifestato con particolare virulenza (“desidero che il giornalismo collabori con la Nazione” sentenziò Mussolini nel 1923, come riportato dal Dizionario mussoliniano a pagina 101: leggi), esso non è certo prerogativa del nostro paese. In Slovacchia, il governo guidato da Robert Fico intende abolire per legge l’attuale emittente pubblica e sostituirla con un nuovo ente sottoposto al controllo di un “comitato etico” (come riferito da Il Postleggi). Anche il Guardian ha riportato la notizia (leggi) suggerendo la capziosità dell’iniziativa governativa, visto che la netta maggioranza degli slovacchi considera attendibile l’attuale rete pubblica.
 

 

Dopo la seconda guerra mondiale, passarono un paio d’anni prima che gli Stati Uniti decidessero di investire massicciamente nella ricostruzione dell’Europa: era il 5 giugno 1947 quando George Catlett Marshall pronunciò il discorso con il quale delineò il piano di aiuti destinato a portare il suo nome (il testo è sul sito dell’OSCEleggi). Le tre importanti conferenze dei leader alleati tenutesi durante la guerra (Teheran, Jalta e Potsdam: ne riassume carattere e portata l’Enciclopedia Treccani – leggi), si concentrarono sugli aspetti politici e geopolitici del dopoguerra, molto meno su quelli economici. Tutt’altro percorso sembra seguire la prospettiva della ricostruzione dell’Ucraina, per la quale molti paesi si stanno già preparando. A metà aprile, il Ministro tedesco dell'economia e della protezione climatica Robert Habeck ha effettuato una visita a Kiev finalizzata proprio a preparare un coinvolgimento dell’industria del suo paese quando la guerra sarà finita (ne ha scritto Politicoleggi). Ma come si ricorderà, già nel 2022 la Svizzera aveva organizzato la Conferenza di Lugano (sulla quale informa il portale della Confederazioneleggi). L’anno scorso è stato il turno del Governo italiano con la “Conferenza bilaterale sulla ricostruzione dell’Ucraina” (dettagli sul sito istituzionale: leggi), e solo un paio di mesi fa del Giappone (come riferisce Il Caffè Geopoliticoleggi). Anche la Grecia ha avuto la sua Conferenza (come riportato da Euronewsleggi), al pari del Regno Unito (sempre Euronewsleggi) e naturalmente la Francia (della conferenza internazionale ha scritto l’ISPIleggi).

 

Nel 1992, uno degli slogan della campagna presidenziale di Bill Clinton fu “it’s the economy, stupid” (ne ricorda la genesi il sito bookbrowseleggi). Puntare sul benessere economico fece presa sugli elettori e Clinton venne eletto. Con il passare degli anni sembra tuttavia che la situazione sia diventata più complessa. Un recente articolo del Financial Times ha addirittura capovolto lo slogan, intitolando “It’s no longer the economy, stupid” e sostenendo che (almeno negli USA) l’orientamento politico influisce sulla percezione della situazione economica (leggi). In effetti, siamo confrontati a congiunture difficilmente spiegabili con i normali approcci dell’analisi economica. Un esempio è quello della Turchia, dove l’inflazione sfiora il 70%, la Banca centrale ha appena confermato il tasso di riferimento al 50%, ma l’economia marcia a pieno ritmo (come riferisce France24leggi). Similmente, dopo due anni di sanzioni occidentali (evidentemente di scarsa efficacia come spiega Lavoce.infoleggi) la Russia registra una crescita superiore a quella media mondiale. In questo caso tuttavia, la lettura di tale risultato esige prudenza. Quella russa è diventata un’economia di guerra, che di guerra ha bisogno. Quando verrà la pace “sarà molto difficile riconvertire l’industria bellica per usi civili”, come ha analizzato Fortune Italialeggi.

 

Dopo le elezioni politiche dell’ottobre 2023, il partito conservatore polacco PiS (Diritto e Giustizia), al potere da un decennio, ha fatto di tutto per evitare che il liberale Donald Tusk formasse un governo. Il presidente Duda (del PiS) aveva addirittura dato inizialmente l’incarico all’ex premier Morawiecki (anch’egli del PiS) nonostante la palese assenza di una maggioranza parlamentare (ne ha scritto Euronewsleggi). Fallito il tentativo di Morawiecki, Tusk ha costituito un governo, subito riaffermando il proprio europeismo (sottolineato da Deutsche Welleleggi). Ancor più che con le parole, il nuovo premier si è immediatamente prodigato per ridare alla Polonia un ruolo di primo piano in Europa, prospettando e delineando “le potenzialità e la missione del nuovo Triangolo di Weimar” con Francia e Germania (come ha scritto Formiche.netleggi). Oggi, dopo nemmeno sei mesi di vita, l’esecutivo di Tusk è ormai interlocutore fisso dei governi francese e tedesco, come evidenzia il recente incontro tra ministri degli esteri per denunciare congiuntamente le minacce della disinformazione russa. Ne hanno scritto Euractiv (leggi) e anche il portale della Radio polacca (leggi).

 

Secondo quanto scritto da Euractiv, “da gennaio 2024 […] sono più di 4.600 i richiedenti asilo arrivati nel Regno Unito su piccole imbarcazioni” (leggi). La cifra sembra esigua, soprattutto se si considera che nel 2022 “per ognuno dei rifugiati che hanno attraversato la Manica […] 25 persone si sono trasferite legittimamente in Gran Bretagna”, come riferito dal Sole24Ore (leggi). Ma la valenza politica del dato ha spinto il governo del Regno Unito a predisporre le basi per il trasferimento forzoso verso il Ruanda dei migranti entrati illegalmente nel paese (il testo della legge è disponibile nella raccolta della legislazioneleggi). La stampa internazionale (ad esempio il Washington Postleggi) ha ampiamente coperto la notizia, e molte organizzazioni hanno formulato critiche severe nei confronti della misura (tra gli altri l’UNHCRleggi). Appena promulgata, la legge sta provocando contraccolpi anche su situazioni che inizialmente non erano state prese in considerazione. È il caso del confine (aperto) tra Irlanda ed Irlanda del nord: temendo di essere deportati in Ruanda, molti migranti giunti nel Regno Unito attraversano la frontiera e chiedono asilo a Dublino. Le autorità irlandesi vorrebbero riconsegnare questi migranti a Londra ma, oltre all’indisponibilità britannica, si scontrano con una sentenza dell’Alta corte di Dublino che, proprio a causa della “legge Ruanda”, ha dichiarato il Regno Unito “paese terzo non-sicuro”. Il governo irlandese sta quindi predisponendo una nuova legge per aggirare la sentenza… Illustra la sciarada con flemma anglosassone un articolo della BBCleggi.