|
Dialoghi Europei è un'associazione no-profit e il vostro contributo è fondamentale per realizzare le nostre iniziative. Per sostenerci potete diventare soci o rinnovare la vostra quota annuale usando i seguenti riferimenti bancari:
-
Quota soci ordinari: 30€ - Quota soci giovani (fino ai 30 anni): 15€
-
c/c IT76Y0892802201010000044184
-
c/o BANCA ZKB CREDITO COOPERATIVO DI TRIESTE E GORIZIA INTESTATO A "Centro Studi Dialoghi Europei"
-
Causale: "Quota 2025"
|
|
Vi aspettiamo venerdì 10 gennaio 2025 alle ore 17:30 nella Sala Oceania del Centro Congressi della Stazione Marittima di Trieste in Molo Bersaglieri 3 per la conferenza "Di nuovo Trump, ma stavolta si cambia davvero.
L'Europa saprà rispondere?"
Trovate maggiori informazioni alla fine della Rassegna
|
|
Gli attacchi terroristici degli ultimi giorni, anche quelli commessi da individui troppo semplicemente definiti “lupi solitari”, sono lapilli infuocati di un’esplosione vulcanica che ha il suo epicentro in Ucraina e Medioriente. L’Europa è a rischio incendio e il pericolo che si inneschi un anarchico “si salvi chi può” sta diventando preoccupantemente concreto. Donald Trump, nell’attesa dell’insediamento, si atteggia più a piromane che a pompiere e, esattamente come Vladimir Putin, cerca – ahinoi con un certo successo – di intaccare la coesione dell’Unione europea. La conferenza di Dialoghi europei in programma il 10 gennaio affronterà questi ed altri temi di assoluta attualità. I relatori invitati hanno grande familiarità con la materia e sapranno offrire spunti assai utili alla riflessione dei partecipanti.
Di Stefano Manservisi, per molti anni figura apicale della Commissione europea e più recentemente consigliere speciale del Commissario Paolo Gentiloni, ci limitiamo a ricordare alcuni contributi in merito al Piano Mattei (pubblicati dallo IARI – leggi – e dal Cespi - leggi) e l’intervento in qualità di moderatore di un dibattito organizzato dall’Istituto Universitario Europeo nel 2023 sul “EU Global Gateway” (vedi su Youtube dal minuto 2:12:45).
Marco Zatterin è ben noto ai lettori dei giornali del nord-est, e a quelli del Piccolo in particolare. Oltre che di argomenti economici si occupa regolarmente di questioni europee. Nell’ottobre scorso ha curato la prefazione del libro di Luca Jahier Fare l'Europa, fare la pace (della presentazione del volume ha scritto Euronews: leggi).
Tra gli innumerevoli testi che potrebbero essere segnalati come propedeutici alla conferenza del 10 gennaio, proponiamo alcuni originali punti di vista: quello dello statunitense Atlantic Council (think-tank conservatore di Washington: leggi), quello di Geopolitique.ma (centro d’analisi marocchino: leggi), l’ampia raccolta di opinioni di esperti di politica internazionale proposta da Carnegie Europe (leggi) e la riflessione sulla crisi della democrazia dell’agenzia turca Anadolu (leggi).
|
|
|
Per gran parte del XVIII e XIX secolo, nelle cancellerie del vecchio continente l’impero ottomano era designato come “il grande malato d’Europa”. Solo profonde riforme economiche ed istituzionali avrebbero potuto frenarne il declino, ma la “Sublime porta” era consapevole che “qualsiasi tentativo di riforma [avrebbe messo] a rischio una moltitudine di interessi consolidati e [avrebbe potuto] danneggiare molti diritti e privilegi acquisiti”. Queto concetto, formulato da The Collector (leggi), resta valido anche per tutti i “grandi malati d’Europa” di cui, di volta in volta, si parla anche in tempi recenti: dalla Grecia nel vortice della crisi dell’euro (ne scrisse nel 2011 la BBC: leggi), all’odierna Germania confrontata ad una serie di fattori negativi (come sottolineato dal Financial Times: leggi), mentre le opinioni si differenziano in merito all’Italia: grande malato politico secondo Libertà e Giustizia (leggi); ormai economicamente guarito secondo il Governatore di Bankitalia (citato dall’Agenzia Nova: leggi). Ultimamente anche la Francia sembra pronta per il poco ambito titolo di Sick Man of Europe (come sostenuto da Euronews – leggi – e InsideOver - leggi) e arduo sarà il compito di Eric Lombard, neo Ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Bayrout. Secondo Politico.eu tuttavia, il profilo politico di Lombard (“capace di costruire ponti verso sinistra”) e la sua esperienza quale alto funzionario sia nel settore pubblico che in quello privato (ha anche occupato posizioni di vertice in Generali, leggi sul sito) gli offrono qualche chance di successo nel tentativo di migliorare la situazione “delle disastrate finanze pubbliche francesi” (leggi).
|
|
|
Sono molti mesi che il Primo ministro polacco Donald Tusk non esita a descrivere la presente fase storica come “prebellica”: lo fece nel marzo scorso (come riferì il Guardian: leggi), lo ha ripetuto recentemente (come riportato dal sito Warsaw Point – leggi – e già segnalato nella Rassegna di Dialoghi europei del 15 dicembre scorso – leggi). È con questa preoccupata percezione della situazione geopolitica che Varsavia ha avviato, il 1° gennaio, la propria presidenza semestrale del Consiglio dell’UE (vedi il sito ufficiale). Se sarà inevitabilmente condizionato dal timore di una espansione dei conflitti in corso, il turno di presidenza polacco dovrà affrontare anche molte altre sfide, come illustrato dal Ministro degli esteri Radosław Sikorski e dettagliato sul sito del Ministero (leggi). Tra gli aspetti relativi alla collaborazione con i paesi terzi, figura anche l’obiettivo di approfondire i rapporti con il Regno Unito in materia di sicurezza e difesa. Da parte britannica si confida tuttavia nella possibilità che proprio la presidenza polacca possa facilitare un rilancio globale del dialogo UE-UK: tra le riunioni ufficiali in programma figura anche un vertice dei capi di Stato e di Governo al quale sarà invitato il Regno Unito (ne accenna un articolo sul sito EuroWeekly: leggi). Proprio da tale invito prende lo spunto Katya Adler, firma di spicco di BBC News, per proporre un’attenta analisi dello stato delle relazioni tra Bruxelles e Londra ed evidenziare come le buone intenzioni di entrambe le parti si scontrino ancora con “linee rosse” giudicate invalicabili (leggi).
|
|
|
L’effettiva protezione dei “diritti delle persone appartenenti a minoranze” è fra i requisiti fondamentali fissati dall’Unione europea per i paesi che puntano all’adesione (art. 49 del Trattato UE in combinato disposto con l’art. 2 – leggi e leggi). Nei Balcani occidentali, il rispetto di tale requisito è reso particolarmente complesso dalla frammentazione etnica, linguistica e religiosa. La Macedonia del Nord rappresenta, in questo contesto, un unicum. Nel 2001 i contrasti tra maggioranza slavo-macedone (ortodossa) e la cospicua minoranza albanese (musulmana, pari a circa il 25-30% della popolazione) hanno quasi portato alla guerra civile, scongiurata dalle diplomazie occidentali con la firma degli accordi di Ohrid (testo disponibile sul sito dell’OSCE: leggi). Tali accordi prevedevano tra l’altro una maggiore tutela della lingua albanese, demandando al Parlamento l’adozione di un’apposita legge. Quando finalmente nel 2018 la legge fu votata, il Presidente della Repubblica si rifiutò di firmarla ritenendola “ingiusta”, come riferì all’epoca Balkan Insight: leggi. Con una forzatura istituzionale, il testo fu pubblicato in Gazzetta Ufficiale con la sola firma del Presidente del Parlamento, ma la questione rimase aperta a seguito di un ricorso alla Corte Costituzionale (l’iter della vicenda è descritto sul sito Kosovo Online: leggi). Ora anche la Corte Costituzionale ha deciso di prendere tempo e posticipare la propria decisione, proprio in un momento in cui le tensioni inter-etniche stanno raggiungendo livelli preoccupanti (ne ha scritto l’agenzia AP: leggi).
|
|
|
“ La rivoluzione non è un pranzo di gala” è uno degli aforismi di Mao Zedong più citati ancora ai nostri giorni, applicato alle più svariate circostanze (leggi il testo completo sul Dizionario Scienze Sociali). Eppure tale “pensiero” dell’ex leader cinese è stato smentito almeno una volta (nei modi e nell’esito) dall’incruento successo della cosiddetta “rivoluzione di velluto” che, esattamente 32 anni fa, ha portato al “divorzio di velluto” e alla nascita delle Repubbliche ceca e slovacca (un bell’articolo, ricco di riferimenti letterari, illustra gli eventi successivi al 1989 su Estranei.org: leggi). Dal 1° maggio 2004 entrambi i paesi sono membri dell’UE e, in particolare per la Slovacchia, “il Prodotto interno lordo […] è in crescita dal 2014 e gli incrementi fatti registrare dal sistema produttivo locale sono stati i più costanti di tutta l’Unione europea”, come evidenziato da Linkiesta nel 2023: leggi. Negli ultimi anni tuttavia, più che per i risultati economici, la Slovacchia è sovente protagonista delle cronache europee per l’atteggiamento molto critico dei suoi dirigenti nei confronti di Bruxelles (del crescente euroscetticismo ha scritto il sito ungherese Civilek.info: leggi la versione inglese – quella italiana, pur disponibile, è inadeguata). Ma quello che deve preoccupare maggiormente le Istituzioni europee è il ruolo di mediatore che Bratislava si è autoattribuita nel quadro del conflitto in Ucraina, spezzando così (come del resto già aveva fatto Viktor Orbán) quell’ideale fronte comune che l’UE dovrebbe opporre alla Russia. Del resto, come ricordava Internazionale nell’aprile scorso (leggi), dopo l’elezione di Peter Pellegrini alla Presidenza della Repubblica, sia il Presidente che il Primo ministro (Robert Fico) sono populisti filorussi. Proprio Fico, dopo aver “interrotto gli aiuti militari a Kiev e [aver] più volte minacciato di bloccare l’adesione dell’Ucraina alla Nato” ha assunto l’iniziativa “di recarsi a Mosca per incontrare il leader del Cremlino, con cui ha discusso della guerra in Ucraina” (riferito da Euronews: leggi). Un assist per Vladimir Putin, che non ha chiuso all’ipotesi avanzata dallo stesso Fico di colloqui di pace da tenersi in Slovacchia (come scritto da Vatican News: leggi). Rischia così di materializzarsi quello che sembrava uno slogan elettorale dell’avversario (sconfitto) di Fico alle elezioni alle elezioni del 2023 Michal Šimečka, secondo il quale il Primo ministro “è il cavallo di Troia di Putin”, come riportato dal Corriere: leggi.
|
|
|