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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 03/09

Care amiche e amici, come avrete visto, è già ripresa la rassegna stampa di Dialoghi Europei e i temi non mancano di certo! Ma sta per ripartire anche l'attività in presenza: a breve avrete maggiori notizie, ma intanto segnatevi la data del 14 settembre...

 

Nell’afa agostana, numerosi organi di informazione hanno colto l’opportunità di offrire ai lettori un’alternativa alle notizie di cronaca nera, proponendo ampi e dettagliati servizi sui BRICS e sulla loro riunione tenutasi in Sudafrica il 23 e 24 agosto (per tutti, si veda il resoconto di RaiNewsleggi). Molte persone hanno così scoperto l’esistenza (quasi ventennale) di questo gruppo di paesi che, senza uno statuto ufficiale e in modo non sempre lineare, perseguono un obiettivo di autonomia politico-economica. Non va dimenticato che il progetto iniziale (del 2006) mirava, tra l’altro, a contrastare il ruolo internazionale del dollaro e portò alla costituzione di una “Nuova Banca per lo Sviluppo” intesa a scalzare l’egemonia del Fondo Monetario Internazionale. A Johannesburg il progetto sembra essere stato rilanciato e non deve più essere considerato peregrino, visto che già nell’aprile scorso l’autorevole rivista americana Foreign Policy ne rimarcava la fattibilità: leggi.

 

In Europa (e l’Italia non fa certo eccezione), il dibattito sulla gestione delle migrazioni stenta a raggiungere un livello di vera analisi propositiva che preluda ad una discussione con tutti gli interlocutori convolti, interni ed esterni. Spesso anzi si sfugge al confronto, rifugiandosi in slogan pseudo-identitari che non cambiano la realtà di uno iota. Alzare lo sguardo oltre il muro del proprio cortile potrebbe aiutare. Permetterebbe ad esempio di fare vera prevenzione sulla base delle realtà locali. Un esempio clamoroso è il Libano. Il paese accoglie circa 300000 profughi palestinesi (come evidenzia l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppoleggi), ma è allo sfinimento e l’80% della popolazione libanese vive in povertà. Se il Libano dovesse fallire, le istituzioni smettere di funzionare, l’economia collassare definitivamente, quanti di quei 300000 palestinesi cercherebbero altrove una possibilità di sopravvivenza? E quanti libanesi li imiteranno? La richiesta di agire per il Libano (in realtà un grido d’aiuto) viene da alcuni ricercatori di un think-tank di Beirut, pubblicato da Al Jazeeraleggi). Quale sia oggi la situazione in quello che veniva romanticamente definito il “paese dei cedri” è ben descritto sul sito della Treccanileggi.

 

Il socialista Frans Timmermans si è dimesso dall’incarico di vicepresidente della Commissione e responsabile del “Green deal” europeo per candidarsi alla guida dei Paesi Bassi, dove il 22 novembre si terranno le elezioni politiche. Il Governo olandese ha proposto che a sostituirlo sia il democratico cristiano Wopke Hoekstra, attuale Ministro delle Finanze dell’Aja. Nella prospettiva di una modifica del Patto di stabilità e crescita, l’eventuale nomina di Hoekstra (la relativa procedura è descritta da EUNewsleggi) non è necessariamente una buona notizia per l’Italia, che tale modifica caldeggia. Timmermans era infatti considerato un “amico dell’Italia” (così lo aveva definito David Sassoli, come riportato all’epoca dal bollettino Alanewsleggi). Hoekstra al contrario può essere annoverato tra i più severi critici del nostro paese per quanto riguarda la gestione delle finanze nazionali. In piena pandemia aveva anche avanzato il suggerimento (non accolto dai partner) di avviare un’indagine sui conti pubblici italiani. Egli stesso, tuttavia, non è stato esente da critiche quando il suo nome è comparso nei cosiddetti “Pandora papers” per aver detenuto quote di una società offshore senza dichiarane il possesso. Ne ha parlato, nel 2021, il sito Today.itleggi.

 

Dinanzi alla violenza e brutalità dell’aggressione russa all’Ucraina, alle immagini delle città bombardate e alle centinaia di migliaia di vittime, qualsiasi discorso di ispirazione pacifista ha inevitabilmente porto il fianco all’accusa di “pro-putinismo” o, nel migliore dei casi, di ingenua irresponsabilità in presenza di una violazione dell’integrità territoriale di un paese. È così venuto a mancare, anche da parte di ambienti da cui ci si sarebbe aspettati qualcosa di più di inani appelli alla cessazione delle ostilità, una riflessione sul conflitto che distinguesse senza ambiguità l’aggressore dall’aggredito ma osasse allo stesso tempo proporre forme di “de-escalation”, eventualmente esponendosi al rischio di subire le critiche di chi ha finora sostenuto risolutamente lo sforzo bellico di Kiev. È mancata, in altri termini, una voce come quella che fu di Alexander Langer, il quale, durante il conflitto iugoslavo, da pacifista dichiarato seppe condannare la “sedicente neutralità” dell’Europa (il suo famoso intervento sull’Europa e Sarajevo è già stato citato in passato da questa rassegna di Dialoghi europei; è disponibile qui). Alcune riflessioni non manichee su pacifismo e guerra in Ucraina sono oggi proposte sul sito Ultima voce (leggi), focalizzato sulle problematiche sociali.

 

Se c’è stato un tempo in cui dal Continente si guardava con una punta di invidia e quasi con soggezione alle civili e compassate diatribe politiche di Westminster, il caos post-Brexit, l’istrionismo di Boris Johnson e la girandola di Primi ministri succedutisi nel giro di pochi mesi nel 2022 hanno scalfito non poco l’aura della politica britannica. Ciò nonostante, si deve riconoscere che in molti casi i politici d’Oltremanica, e soprattutto i parlamentari che non ricoprono incarichi di governo (i cosiddetti backbenchers), esercitano il mandato di rappresentanti della loro circoscrizione con spirito di indipendenza anche rispetto agli orientamenti del proprio partito. Ne è un esempio l’ampio dibattito innescatosi sia all’interno del Partito conservatore che di quello laburista in materia di normative per la tutela dell’ambiente. La recente vittoria conservatrice in un’elezione suppletiva a Londra (Uxbridge) è stata attribuita alla contrarietà degli elettori nei confronti dell’estensione di una zona a traffico limitato voluta dal sindaco laburista (l’analisi de Il Foglio è accessibile qui). Come tale vittoria abbia innescato una valanga di emendamenti al disegno di legge sulla gestione energetica è spiegato da Politico.euleggi.
 

 

Le profonde divergenze tra Polonia ed Ungheria in merito ai rapporti con la Russia, acuitesi dopo l’attacco all’Ucraina ma in realtà presenti da tempo, hanno minato la solidità del Gruppo di Visegrád (V4), depotenziandone anche la capacità di incidere su alcune politiche europee. Sarebbe tuttavia errato immaginare che l’esperienza del V4 sia da considerarsi conclusa: è probabilmente un bene che una regione cruciale nel cuore dell’Europa disponga delle strutture istituzionali per esprimersi unitariamente sulle principali politiche comunitarie. In questo contesto devono essere accolte come un segnale incoraggiante le parole del Presidente ceco Petr Pavel (la Cechia ha la presidenza di turno del V4), che auspica un ritorno ai “valori tradizionali” del Gruppo: la democrazie e l’europeismo (ne ha riferito Euractiv.itleggi). Dell’evoluzione del V4 dalle origini alle prospettive odierne parla con spunti assai interessanti uno studio proposto dallo Hudson Institute, importante centro studi (conservatore) statunitense (leggi).