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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali 1/07 - 7/07

L’apertura di un “canale” di traffico ferroviario esclusivo in partenza dal porto di Trieste e diretto in Slovenia da parte dell’operatore COSCO (riconducibile direttamente al Governo cinese) ha bensì ricevuto grande attenzione sul quotidiano locale, ma tale attenzione si è presto spenta e non è stata condivisa dai principali organi d’informazione. Certo l’operazione appare di portata limitata, ma il contrasto con il sollevamento di scudi del 2019 al momento della firma dell’accordo di cooperazione (poi congelato) con il gruppo China Communication Construction Company è evidente. Eppure, a leggere l’articolo (e soprattutto il paragrafo finale) pubblicato da Formiche.net, qualche preoccupazione sussiste: leggi. Può suscitare invece curiosità l’uso del verbo *sembrare* nella dichiarazione in merito a questa vicenda rilasciata all’ANSA dal Presidente D’Agostino, secondo il quale il Porto di Trieste "segue la linea totale del Governo che sembra essere atlantista": leggi.

 

 

Si sa: il diavolo è sempre nei dettagli. Mentre in occidente si celebrava l’ennesima prova di unità dei membri della NATO fornita dal Presidente turco che rinunciava al veto posto all’ingresso nell’Alleanza di Finlandia e Svezia, passava in secondo piano la condizione posta dallo stesso Erdoğan affinché il Parlamento di Ankara possa un giorno ratificare un tale ingresso: l’estradizione dai due paesi scandinavi di decine di attivisti curdi. Nelle due capitali nordiche, dove anche in politica estera il pragmatismo non sconfessa l’etica protestante, questa situazione è vissuta con percepibile imbarazzo, come traspare dalle dichiarazioni della Prima Ministra svedese pubblicate sul sito di informazioni online in lingua inglese thelocal.se: leggi.

 

 

La vera e propria emorragia di forza lavoro dai paesi dei Balcani occidentali soprattutto verso l’Unione europea e il Regno unito è andata crescendo negli anni, quasi in parallelo con il progressivo spegnersi delle speranze in una rapida adesione all’UE. Le ripetute crisi economiche degli ultimi 15 anni hanno evidentemente aggravato la situazione, ma tracciare una linea di divisione netta tra le motivazioni di questo esodo non è immediato. Resta il fatto che le economie di tutti e sei i paesi ai quali fin dal 2003 è riconosciuta una “vocazione” a far parte dell’Unione europea, sono confrontate a gravi problemi strutturali. Un’analisi della situazione è apparsa sul sito The Progressive Post, della “Fondazione europea di studi progressisti” (sostenuta dal PSE e da S&D): leggi. Un elemento di riflessione che si può ricavare dalla lettura dell’articolo riguarda la somiglianza tra le criticità evidenziate per i paesi dei Balcani occidentali e quelle di molti Stati membri dell’Unione, in primo luogo l’Italia.

 

 

L’aggressione imperialista russa all’Ucraina sta mettendo in grande apprensione tutti i paesi dell’ex galassia sovietica nei quali sia presente una minoranza russa. Il timore è che Mosca perseveri nella politica di voler integrare entro i propri confini tutti le regioni in cui ci siano insediamenti di cittadini di etnia russa. Nei secoli, tanto gli zar quanto poi il potere sovietico hanno costantemente usato quale forma di controllo sociale lo spostamento in massa di intere popolazioni da un territorio all’altro dell’impero prima, e poi dell’URSS, di fatto russificando molte zone soprattutto in Asia centrale. È là che si focalizza ora la paura che una volta finita l’”operazione speciale” contro Kiev, l’esercito russo si volga a sud-est. Un articolo del portale Notizie Geopolitiche prende in esame la situazione del Kazakistan: leggi.

 

 

“Che fine ha fatto la Conferenza sul futuro dell’Europa?”: avremmo voluto che questo titolo in forma di domanda fosse comparso sui grandi organi di informazione, in Italia e in tutti i paesi europei. Invece, complice la guerra, il Covid19, l’inflazione e chissà quanti altri motivi, il resoconto del meritorio sforzo dell’UE di coinvolgere i propri cittadini in un grande dibattito sul futuro dell’Europa e delle sue Istituzioni è stato relegato a poche note distratte. Ma per fortuna c’è chi quel titolo lo ha effettivamente usato, proponendo ai propri lettori una disamina chiara della situazione. Si tratta, forse un po’ a sorpresa ma meritoriamente, del portale della Diocesi di Milano: leggi.

 

 

Sebbene le regioni ucraine direttamente coinvolte nel conflitto rappresentino solo una parte del territorio nazionale, le immagini di distruzione che i media ci propongono quotidianamente sembrano giustificare ampiamente l’enorme somma di 750 miliardi di euro indicata dalle autorità di Kiev come necessaria per la ricostruzione del paese. Se la Russia dovrà naturalmente contribuire (volontariamente, se ci sarà un cambio al vertice politico, forzosamente attraverso il realizzo dell’alienazione dei beni congelati, nel caso contrario), l’intera comunità internazionale sarà chiamata a fornire il necessario sostegno. In attesa di una tregua che consenta l’avvio della ricostruzione, il tema è già stato affrontato nel corso della Ukraine Recovery Conference URC2022, organizzata a Lugano da Svizzera e Ucraina, come riportato dal quotidiano online Giornale Diplomatico: leggi. La “Dichiarazione di Lugano” sottoscritta dai partecipanti è disponibile qui.