UN AUTUNNO DURISSIMO, MA ANCHE UNA GRANDE OCCASIONE DI RILANCIO DEL PAESE
La prima crisi, quella sanitaria, l'avevamo affrontata dicendo “andrà tutto bene”; un auspicio per farci coraggio più che una certezza, perché del Covid-19 non sapevamo nulla. Adesso possiamo dire che ce l'abbiamo fatta, anche se con un pedaggio di vittime assai pesante e molte incognite su un virus di cui sappiamo tuttora assai poco.
Ma non c'è tempo per tirare il fiato perché sul Paese sta abbattendosi una nuova crisi, quella economica, che rischia di essere anche più devastante di quella sanitaria. Dietro la perdita del 9% del PIL, che per il presidente di Bankitalia potrebbe anche essere anche del 12-13%, ci sono in gioco 6 milioni di posti di lavoro, imprese che non riaprono e altre che chiudono, interi settori (il turismo, tanto per citarne uno) che rischiano di saltare. Con una tensione sociale che in autunno potrebbe esplodere.
Questa volta non sarà sufficiente chiudersi in casa, lasciando in prima linea solo medici e infermieri. Dovremo prenderci tutti delle responsabilità e dovranno esserne protagoniste ancora più attive le istituzioni, dal Governo al Parlamento e ai poteri locali, e tutte le forze politiche, sociali e della cultura.
Ce la faremo? L'interrogativo si giustifica, a leggere la tenacia con cui prevalgono le contrapposizioni frontali, gli attacchi al Governo senza costrutto e senza sbocco del presidente di Confindustria, o della Lega e di FdL. Ma anche la continue tensioni tra le forze della maggioranza governativa. Non c'è da essere troppo fiduciosi.
Per ritrovare quello spirito di unità cui ci ha richiamato il Presidente della Repubblica il 2 giugno, dovremmo essere consapevoli non solo della drammaticità della prova d'autunno, ma anche del fatto che mai come in questo momento ci sarebbero le condizioni per cambiare davvero il Paese, e superare quelle anchilosazioni che ne hanno pregiudicato la crescita in questi anni. E una parte consistente di queste condizioni ce la sta offrendo l'Unione europea.
La possibilità di indebitarci superando il patto di stabilità per far fronte all'emergenza, quella di dare contributi alle imprese in deroga alle norme di concorrenza, i 60 miliardi immediatamente disponibili del SURE e del MES e altri - una dozzina tra doni e prestiti- che già quest'anno si potrebbero ricevere in anticipo sul Next Generation EU; sono carte importantissime da giocare che si aggiungono alle misure straordinarie già decise dal Governo.
Se poi si riesce a superare senza troppi sconquassi l' autunno, dal prossimo anno il Governo potrà trovarsi con una disponibilità di risorse che nessun altro esecutivo ha mai avuto in Italia. Tra i prestiti cui attingere attraverso la BCE (200 miliardi, forse di più dopo l' annuncio di ieri della Lagarde) e il contributo del Recovery Fund (172 miliardi), potremo contare su una massa di risorse che possono davvero segnare una svolta per il Paese.
Ovviamente l'UE non è una dea bendata che sparge finanziamenti dalla cornucopia senza guardare a cosa servono e dove vanno a finire. Per ottenerli, bisognerà presentare programmi di riforme, che dovranno contenere nulla di più o di diverso degli obiettivi che quasi tutte le forze politiche enunciano in campagna elettorale: lotta all'evasione fiscale, riforma della giustizia civile che garantisca tempi brevi e certi per le sentenze, una P.A. meno anchilosata e farraginosa, investimenti nel digitale e nell'istruzione, il green deal. Solo che questa volta non basterà enunciare impegni, bisognerà attuarli!
Prima l'Italia presenterà questi programmi (la scadenza più ravvicinata è ottobre, la successiva sarà nell'aprile del 2021), prima otterrà i finanziamenti. E contribuirà a dimostrare ai Paesi “frugali” - che si oppongono al Recovery Plan perché non si fidano dei Paesi “cicala” - che l'Italia questa volta fa sul serio e vuole davvero voltare pagina.
Dovremo anche dimostrare di saper spendere i soldi che chiederemo. Non gioca a nostro favore non aver saputo utilizzare 25 miliardi di contributi europei che avevamo a disposizione negli ultimi anni; e buon per noi che considerata l'emergenza non ci è stata chiesta la restituzione.
Dunque l'occasione che abbiamo potrebbe essere straordinaria e irripetibile. Sapremo coglierla? Perché il Next generation EU non durerà per sempre: la van der Leyen ha spiegato bene che si tratta di un intervento “eccezionale e temporaneo” che dovrebbe esaurire i suoi effetti e le relative risorse entro tre-quattro anni. Questo esclude di poterlo utilizzare per una riduzione permanente delle tasse, come si pensa anche nella maggioranza di Governo. Perché dopo un paio d'anni, esauriti i contributi europei, il buco di bilancio finirebbe col gravare sulle future generazioni. E soprattutto sottrarrebbe risorse alle vere riforme strutturali, quelle in grado di riavviare la crescita che è anche premessa e condizione per una progressiva riduzione della tassazione.
La partita è tutta da giocare ed è in corso. Andrà tutto bene? Incrociamo le dita. E ciascuno faccia la sua parte cercando l'intesa, la convergenza, più che i distinguo e le contrapposizioni. Mai come in questo momento occorre stringersi - più che ai simboli di parte - alla bandiera nazionale.