La Catalogna dopo il voto fra incertezze ed emulazioni
L’esito delle elezioni catalane del dicembre scorso ha confermato ancora una volta la profonda spaccatura che divide la società catalana. Il risultato consegnato dalle urne è nelle sue linee generali abbastanza simile alle elezioni precedenti: le forze indipendentiste conquistano la maggioranza assoluta dei seggi ma solo quella relativa dei voti, con risultati molto differenziati fra una Catalogna rurale, più indipendentista nelle urne della fascia costiera e di Barcellona in particolare.
Ma cambiamenti ci sono stati e significativi: primo partito della Catalogna diventa Ciutadans, la versione catalana di Ciudadanos. Quasi cancellati i popolari di Rajoy e fortemente ridimensionate le forze che in questi mesi hanno cercato di uscire dalla logica di una contrapposizione frontale: i socialisti, fautori di una Spagna federale, e Catalunya en Comú-Podem, fautori di un referendum regolato sul modello scozzese.
Una pericolosa situazione di stallo i cui sviluppi futuri sono tutt’altro che chiari. Ma le vicende catalane superano i meri confini della penisola iberica: esse sono state spesso messe in relazione con altre vicende, fra cui i recenti referendum sull’autonomia in Lombardia e Veneto. Autonomia, autonomismo, indipendenza, indipendentismo: termini spesso confusi e abusati sul cui uso, anche nelle vicende italiane, Dialoghi Europei mira a centrare l’attenzione.
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